Questa mattina mi stavo sfogliando il Venerdì di Repubblica e sono rimasta colpita dal titolo della recensione di un libro (recensione di Aurelio Magistà), il titolo del trafiletto recitava “Ora il design torna nelle mani dell’artigianato”.
Incuriosita ho scoperto che il mio pensiero è condiviso da uno dei più grandi saggisti italiani di architettura e design, Renato De Fusco!
Chi mi conosce sa che io odio cordialmente il termine “creativa” (soprattutto al femminile) perché nell’immaginario collettivo italiano è considerato negativamente dai più…
Il mio lavoro è a metà tra il designer e l’artista, parto dall’idea ed arrivo fino alla realizzazione dell’oggetto finito, quindi ho in me sia il designer/artista che l’artigiano, però non sono un’artigiana perché non realizzo idee di altri, ma parto dalla mia idea, passo per la fase della progettazione e solo in un ultimo step arrivo alla realizzazione in proprio.
Renato De Fusco nel settimo capitolo, di questo piccolo saggio dedicato al design del terzo millennio, parla del rapporto tra artigianato e design che sta tornando alla ribalta dopo la metamorfosi avvenuta alla fine dell’ottocento, quando quello che prima era artigianato si è trasformato in Industrial Design, relegando gli artigiani a meri compiti esecutivi.
Oggi l’autore vede un passaggio nuovo e per identificarlo parla di “Artidesign”, nuova figura che racchiude arte, artigiano e design.
A me sembra che l’Artidesigner sia proprio quello che si vede su etsy, un piccolissimo designer che parte dall’idea e arriva all’oggetto, senza intermediari, fa tutto da sè e il risultato è ancora più speciale e unico del design “blasonato” che, dopo l’idea e il progetto, poi affida la realizzazione ad artigiani ed industrie facendo diventare l’oggetto una produzione in serie.
Insomma, adesso esco e vado a cercarmi “Filosofia del design” da acquistare…
Pauline Paulette
Interessante questo libro…
Mi permetto però un appunto: non condivido la tua definizione di artigiano, legata appunto alla concezione nata durante la rivoluzione industriale.
L’artigiano progetta e realizza le sue opere, unicum oppure serie limitate, laddove tendenzialmente prevale la qualità dell’esecuzione sull’idea. Il virtuosismo dell’artigiano si può considerare arte (applicata).
Il designer allo stato attuale progetta ma non realizza: prevale l’idea sull’esecuzione.
Anche il termine anglossasone “handmade” pone l’evidenza sull’esecuzione del manufatto (“fatto a mano”). Non è secondario il fatto che sia fatto a mano, è primario: creato, concepito, studiato, realizzato a regola d’arte. Ma se non è fatto a mano è tutt’altra cosa.
Ora qui parlo di artigianato che alcuni definiscono “artistico”, cioè quello che crea manufatti e oggetti e dove può portare innovazioni nella tecnica, nella strumentazione e nelle fasi di lavorazione. L’oggetto nasce, si plasma e viene ultimato allìinterno del medesimo laboratorio e dalle medesime mani. Forse non crea oggetti che prima non c’erano ma questo non significa che non possa (r)innovarli.
Se poi parliamo di artisti nel senso rinascimentale, cioè coloro che ideavano e realizzavano opere d’arte la cui finalità era l’esperienza estetica, per cui era neccesaria non solo l’idea, ma anche la tecnica e la maestria… beh, è un’idea che non si discosta molto dalle botteghe artigiane.